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24 Febbraio 2017
approfondimenti giurisprudenziali, I nostri casi, news

Diffamazione a mezzo Facebook

Diffamazione a mezzo Facebook
24 Febbraio 2017
approfondimenti giurisprudenziali, I nostri casi, news

Il padre pubblica su Facebook  una foto che lo ritrae assieme alla figlia, aggiungendo una didascalia del seguente tenore: “Come avrei voluto che si fermasse il tempo…..!!!!” La madre, sentendosi provocata, commenta il post: “Il tuo tempo hai voluto fermarlo tu domenica scorsa quando hai gridato puttana e preso a calci la mamma di tua figlia e tutto ciò davanti agli occhi di lei”. Fatto realmente verificatosi.

Veniva tratta a giudizio per diffamazione aggravata per aver commesso il fatto a mezzo internet.

La difesa è stata improntata tenendo conto di tre aspetti.diffamazione

  1. Exceptio veritatis (art. 596, c. 2 n. 2, cp). Poiché l’offesa perpetrata dalla cliente consisteva nell’attribuzione di un fatto realmente accaduto, abbiamo provveduto a dimettere il certificato del Pronto Soccorso, attestante la lesione patita dalla donna in quell’occasione e l’atto di denuncia querela che aveva sporto.
  2. Provocazione (art. 599, c. 2, cp), quale causa di non punibilità nei delitti contro l’onore. E’ stato dimostrato, in sede di escussione dei testi, che l’affermazione, non direttamente offensiva del padre, era invece da inserirsi in un contesto di continue vessazioni, anche psicologiche, volte a screditare la figura materna di fronte ad amici e parenti.
  3. Limiti del diritto di critica. Sono applicabili alla diffamazione a mezzo internet gli stessi limiti al diritto di critica riconosciuti al reato commesso a mezzo stampa (cass. civ., sez. III, n. 181874/2014). Pertanto sono necessari tre requisiti: 1) la verità obiettiva delle informazioni: nel caso di specie l’evento lesivo; 2) la continenza delle espressioni usate: queste ultime non configuravano una gratuita denigrazione e non erano eccessive rispetto allo scopo lecito perseguito (cass. pen., sez. V, n. 5767/1998); 3) l’interesse pubblico all’informazione (cd. pertinenza): la cliente voleva proteggere la propria immagine di fronte ai colleghi ed agli amici comuni.

Il Giudice ha assolto la donna, ritenendo che la sua condotta dovesse essere scriminata in quanto rientrante nel diritto di critica, stante, peraltro, la veridicità dell’addebito.

Sentenza Diffamazione dd. 24.02.2016

 

 

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