Il 16 ottobre 2018, il Tribunale di Udine in composizione monocratica ha assolto dall’accusa di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (art. 615 ter c.p.) il condomino che, durante un’assemblea di condominio nella quale svolgeva funzione di segretario, tramite computer, si introduceva all’interno di uno spazio web di proprietà della moglie di un altro condomino, nonostante la diffida in senso contrario di quest’ultimo.
L’introduzione era stata possibile, in quanto la stringa di accesso alfanumerica (cosiddetto link) era stata indicata nella memoria difensiva redatta e depositata personalmente dai coniugi di fronte al Tribunale civile in un procedimento di esecuzione. In detto atto si evidenziava che da quel link si sarebbero potuti scaricare determinati documenti di cui si riportavano le diciture.
A seguito dei fatti intercorsi durante l’assemblea, il condomino coniuge del titolare di tale piattaforma web aveva presentato querela nei confronti del nostro assistito sostenendo che quest’ultimo fosse abusivamente entrato all’interno del suo spazio web, riservato e protetto da misure di sicurezza (user name e password) violando così la sua privacy.
Secondo quanto dichiarato dal querelante, tali codici di accesso erano stati forniti dai difensori del condominio della pendente causa civile, anch’essi presenti all’assemblea condominiale. Il querelante riteneva, inoltre, che tali documenti fossero riservati alle sole persone da lui autorizzate e munite di link, tra queste il giudice della causa civile.
Gli avvocati presenti in assemblea affermavano, in sede istruttoria, a) di aver messo a disposizione dei condomini l’atto contenente i link in adempimento all’obbligo deontologico del difensore di far conoscere al proprio assistito gli atti di controparte e b) che tali documenti, accessibili mediante i link, non erano protetti da alcun codice di accesso, argomentazione quest’ultima sostenuta dal consulente della difesa e confermata dagli agenti della polizia postale chiamati in sede istruttoria.
Ad istruttoria conclusa, il Giudice appurava che l’imputato era venuto a conoscenza dei soli link contenuti negli atti giudiziari e non di ulteriori codici di accesso riferiti allo spazio web del querelante. Risultava, inoltre, incontestabile che gli indirizzi delle pagine web (link) riportati nell’atto processuale del querelante consentivano l’accesso diretto a tali documenti, non essendo a tal fine necessario entrare attraverso l’home page del sito e digitare lo “user name” e la “password”.
Al Giudice competeva, quindi, valutare se la modalità di deposito (informatico e non cartaceo) degli allegati consentiva e legittimava la conoscenza dei documenti e l’utilizzo dei link non solo da parte del Giudice – come sostenuto dal querelante – ma anche degli altri soggetti in causa.
Si legge nella sentenza: “I documenti in quanto depositati dalla parte, …, costituivano parte del fascicolo della controversia civile, dovevano considerarsi prove messe a disposizione della parte e come tali conoscibili e utilizzabili anche dalla controparte”. A supporto di ciò, rileva l’articolo 76 delle Disposizioni di Attuazione del Codice di Procedura Civile il quale prevede che le parti o il loro difensori possano esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d’ufficio e in quello delle altre parti e farsene rilasciare copia. In aggiunta, l’articolo 27, comma 6, del Codice Deontologico Forense prevede che l’avvocato, su richiesta del proprio assistito, abbia l’obbligo di fornire a questo copia di tutti gli atti e i documenti concernenti l’oggetto del mandato.
Appaiono, dunque, del tutto infondate le accuse del querelante: il nostro assistito, in quanto parte di un procedimento civile pendente, era del tutto legittimato ad accedere a tali link al fine di poter visionare i documenti depositati dalla controparte!
Assolto perché il fatto (accesso abusivo ad un sistema informatico) non sussiste: questo il verdetto del Giudice di I° grado.