È quanto ribadito da una recente pronuncia della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione la quale, con la Sentenza n. 30184 depositata in data 9.07.2019, ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto dal difensore di fiducia di G.G. avverso la pronuncia della Corte d’Appello d’Ancona del 19.06.2017 la quale, confermando la sentenza del Tribunale di Ancona del 2014, condannava G.G. a pena di giustizia in relazione al reato di cui all’articolo 570 del codice penale “Violazione degli obblighi di assistenza familiare” per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata.
Nel caso di specie, l’imputato, a fronte di un importo dell’assegno di mantenimento pari ad Euro 500,00 mensili, aveva versato, nel corso del periodo di quasi cinque anni e mezzo, poco più di un terzo del dovuto. A causa di tale condotta da parte del G.G. l’ex moglie, come si evince anche dalle deposizioni dei due figli dell’imputato e della persona offesa e della sorella di quest’ultima, era stata costretta a chiudere, per mancanza di fondi, l’agenzia immobiliare e si era quindi venuta a trovare progressivamente in una situazione di “assoluta precarietà, totale degrado e abbandono, stato di crisi totale sotto il profilo economico, riduzione alla fame”.
Vano è parso, secondo quanto affermato dagli Ermellini, il tentativo del difensore di G.G. di eccepire l’incapacità economica dell’imputato: quest’ultimo – come emerge dagli atti – oltre a non aver mai sollecitato la modifica dell’assegno di mantenimento posto a suo carico, ha continuato, a riprova dell’inesistenza di una situazione di incapacità di adempiere (che onde rivestire portata scriminante, deve essere assoluta ed adeguatamente provata), a svolgere la propria attività di geometra e di imprenditore edile, collaborando inoltre con l’agenzia di intermediazione immobiliare della nuova compagna.