Sul “Messaggero Veneto” di oggi la riflessione della Presidente di ZeroSuTre, l’Avvocata Rosi Toffano
È di pochi giorni fa la notizia di un 46enne residente a Turiano di Spilimbergo denunciato per il reato di maltrattamento sugli animali, per aver chiuso il gatto della sua ex compagna dentro una valigia piena di letame. L’uomo, spinto dalla volontà di ferire la donna, dopo aver chiuso il felino nel trolley e bloccato l’apertura dello stesso col filo di ferro, ha lasciato la valigia davanti alla casa della sua ex, insieme a una lettera di insulti e minacce rivolti a lei. Fortunatamente i miagolii insistenti del gatto sono stati avvertiti da una vicina, la quale ha subito allertato i carabinieri, che hanno salvato l’animale.
Il grave episodio però merita una riflessione profonda su come gli animali domestici entrino nella dinamica di violenza nella relazione di coppia. Gli animali di casa sono diventati ormai parte di molte famiglie ed è sempre più frequente che la violenza domestica assuma anche la forma di maltrattamenti nei confronti degli animali d’affezione. Il maltrattamento sugli animali è fortunatamente già di per sé reato, ai sensi del codice penale, ma in molti casi la condotta del maltrattatore va considerata come una vera e propria forma di violenza psicologica nei confronti della donna che è affezionata all’animale. Accade di frequente infatti che il maltrattatore, consapevole del legame affettivo tra la sua vittima e gli animali di casa, si sfoghi – o minacci di farlo – su questi ultimi, con il principale intento di colpire “emotivamente” la donna o di condizionarla a fare o non fare qualcosa. Tale dinamica può essere innescata in fasi diverse della relazione sentimentale: il partner può minacciare di maltrattare o persino di uccidere un animale d’affezione, oltreché di trattenerlo con sé in vista di un’imminente separazione, nel tentativo di imporre alla donna di proseguire nel legame con lui. Può anche accadere, come nel caso di Spilimbergo che, a relazione conclusa, l’ex partner, incapace di rassegnarsi alla fine del legame sentimentale, arrivi a seviziare l’animale della ex per vendetta.
Negli ultimi tempi, grazie ad una sempre crescente attenzione nei confronti degli animali, anche da parte della giurisprudenza, si è fortunatamente assistito ad una maggiore sensibilizzazione sul tema da parte della magistratura. Cani e gatti sono spesso un elemento importante di discussione nella fase di separazione o divorzio delle coppie e pertanto si fa lentamente spazio un recente orientamento giurisprudenziale che assegna al magistrato il compito di evitare l’instaurarsi delle dinamiche sopra descritte, affinché nessuno dei due coniugi sia condizionato, nella scelta di separarsi, dalle minacce dell’ex di trattenere con sé l’animale. Spetta quindi al giudice decidere a chi dei due affidare l’animale, in assenza di accordo tra le parti. Ne è un esempio il decreto del 19 febbraio 2019 emesso dal Tribunale di Sciacca che, considerato il vuoto normativo sulla disciplina dell’affidamento degli animali domestici, ha assunto una decisione di grande importanza. Il Giudice di Sciacca infatti si è discostato dalla pregressa giurisprudenza di merito e, in una causa di separazione giudiziale, stante il contrasto tra i coniugi sull’affidamento degli animali domestici, ha deciso a quale dei due affidare il cane ed il gatto di casa. Il magistrato affermando: “il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela, anche in relazione al benessere dell’animale stesso”, stabilisce di assegnare il felino ad un coniuge ed il cane, indipendentemente dal nome dell’intestatario del microchip, ad entrambi, a settimane alterne. La pronuncia del Tribunale di Sciacca fa un deciso passo avanti perché, non solo libera i coniugi dalla possibilità di usare gli animali domestici come strumento di pressione psicologica durante la separazione, ma dimostra anche di non intendere più gli animali come “oggetti”, ma finalmente come “esseri senzienti”.