
Con sentenza n. 121/2020, depositata il 7 gennaio 2020, la Quarta Sezione Penale della Suprema Corte ha ribadito il principio secondo il quale il conducente di un autoveicolo, oltre ai vari obblighi di attenzione da rispettare durante la guida così come disciplinati dal Codice della Strada, deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui.
Questa la vicenda: nel 2018 la Corte d’Appello di Roma, confermando la sentenza del GIP del Tribunale di Velletri del 2010, aveva condannato C.L. per il reato di omicidio colposo di cui al secondo comma dell’articolo 589 del codice penale. Nel 2008, il camionista C.L., alla guida della sua autovettura, aveva urtato l’auto di A.E. la quale stava percorrendo la stessa strada ma in senso opposto e che, senza rispettare la precedenza, aveva eseguito una manovra verso sinistra tagliando, di fatto, la strada a C.L. L’urto tra le due auto aveva provocato il decesso di A.E. In risposta all’azione difensiva proposta da C.L. davanti alla Corte di Cassazione, quest’ultima ha dichiarato il ricorso inammissibile avendo C.L., mediante il suo legale di fiducia, riproposto le stesse questioni già devolute in sede di appello e puntualmente esaminate e respinte dai giudici di secondo grado. Stante l’inammissibilità di tale ricorso, gli Ermellini hanno poi proseguito con una completa e dettagliata disamina del principio di affidamento in relazione alla circolazione stradale. In linea con la pregressa e consolidata Giurisprudenza (si veda Cass. Pen. n. 12260/2015 e Cass. Pen. n. 5691/2016), secondo la Corte di Cassazione “la possibilità di fare affidamento sull’altrui diligenza viene meno quando l’agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere – ed è il caso che ci occupa – che altri non si atterrà alle regole che disciplinano la sua attività”.
Gli obblighi comportamentali del conducente risultano essere improntati alla massima prudenza e attenzione durante la guida. Questi, come si può desumere dal Codice della Strada nonché da una recente pronuncia della Corte di Cassazione Penale (la sentenza n. 52017 del 2019), sono quelli di: 1) ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare; 2) mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; 3) prevedere tutte le situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada. Sono obblighi di portata generale che comprendono anche la gestione del rischio connesso alle altrui condotte imprudenti (tra queste, l’eccessiva velocità e la guida anomala) che, nella circolazione stradale, costituiscono un “rischio tipico, prevedibile, da governare nei limiti del possibile”. Ciò premesso, affinché il conducente possa considerarsi immune da colpa, la condotta altrui deve essere, nel concreto, valutata come eccezionale e atipica tale da impedire al conducente la sua prevedibilità.
Nel caso in questione, l’incidente è avvenuto di mattina presto in autunno lungo una strada con numerose intersezioni con accessi a proprietà private. È per tali ragioni che la Suprema Corte ha ritenuto del tutto prevedibile e non eccezionale la volontà di A.E., giunto all’altezza dell’incrocio con la strada laterale, di attraversare la corsia per svoltare a sinistra reputando, quindi, il conducente C.L., che comunque in violazione del Codice della Strada stava guidando ad una velocità ben superiore al limite consentito (90 km/h con un limite di 50 km/h), responsabile per non aver posto in essere tutti gli accorgimenti tali da evitare la collisione con la vettura e, conseguentemente, il decesso di A.E.