Condivide sul gruppo WhatsApp dei compagni di squadra una foto della ex scattata durante un rapporto sessuale: questo il caso portato all’attenzione della Dott.ssa Alessia Vicini, Giudice del Tribunale Ordinario di Ravenna nel 2019. Posto che il fatto si era verificato nel 2015, il Giudice ha ritenuto, con sentenza n. 1085/2019, la condotta dell’ex compagno – consistente nella diffusione non autorizzata a terzi dell’immagine della ragazza durante un rapporto sessuale esplicito con il partner – lesiva ai sensi dell’articolo 167 del Codice della Privacy D.lgs 196/2003 (“Trattamento illecito di dati”) il quale punisce colui che, mediante la diffusione di dati personali, arrechi nocumento all’interessato. Condividendo l’immagine, l’ex ragazzo aveva esplicitato, inoltre, l’identità della ragazza – cugina, peraltro, di uno dei componenti del gruppo WhatsApp – nella cui foto si poteva chiaramente vedere il braccio tatuato di questa. È indubbio che la condotta dell’ex abbia comportato una grave lesione della privacy, dell’immagine sociale e personale e della dignità della ragazza, nulla rilevando la circostanza che la vittima fosse consenziente al momento dello scatto o che “fosse o meno una pratica invalsa tra i due ragazzi durante il loro rapporti sessuali”. Per tali ragioni il ragazzo è stato condannato alla pena di € 15.000 di multa oltreché al risarcimento della vittima.
Prima di giungere alle conclusioni, il Giudice di Primo grado ha sottolineato la gravità e la pericolosità di tali condotte affermando che la vergogna e la gogna pubblica provate dalle vittime di tali reati rischino di portare, in alcuni casi, addirittura al suicidio. È proprio per tale ragione che il Legislatore Italiano con la Legge 19 luglio 2019, n. 69 – meglio nota come Codice Rosso – ha introdotto il reato di revenge porn prevedendo pene più aspre – reclusione da 1 a 6 anni e pene aumentate per i fatti commessi da persona che è o è stata legata sentimentalmente alla vittima – per colui che “dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate”. Dopo una breve analisi della nuova fattispecie criminosa, il Giudice di Primo ha sottolineato che la “fattispecie oggetto di causa verificatasi nell’anno 2015 ove commessa dopo il 09.08.2019 (giorno dell’entrata in vigore del Codice Rosso) avrebbe costituito ipotesi tipica di reato di revenge porn aggravato”.