È ammissibile il ricorso della parte civile avverso la sentenza che, su impugnazione di detta parte, abbia confermato la pronuncia di primo grado dichiarante l’estinzione del reato per prescrizione? Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, interpellate con l’ordinanza n. 57456/2018, hanno risolto tale contrasto giurisprudenziale.
Questa la vicenda: il Tribunale di Roma, con sentenza del 16 luglio 2015, seppur ritenendo Cristina Papaleo responsabile del reato previsto e punito dall’articolo 616 del codice penale (violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza), aveva dichiarato l’improcedibilità per lo stesso – nella specie la moglie, nell’ambito di giudizio civile di separazione, aveva preso cognizione di una missiva contenente l’estratto contro al 31.12.2007 di una società di gestione del risparmio indirizzata al signor Massaria, ex coniuge e l’aveva prodotta in giudizio – in quanto estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso tale decisione, la parte civile aveva proposto appello lamentando, tra gli altri motivi, l’erroneità del computo dei termini di prescrizione. Confermato il giudizio di primo grado dalla Corte d’Appello di Roma, il signor Massaria proponeva ricorso in Cassazione. La Quinta Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza del 21 novembre 2018, rimetteva la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Queste, prima di giungere all’esito della trattazione, hanno illustrato tre diversi “orientamenti”: il primo positivo, il secondo negativo e un terzo cosiddetto intermedio. In particolare, il primo orientamento – compiutamente rappresentato dalla sentenza n. 9263 del 2.02.2012 della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione – partendo dal dettato dell’articolo 576 cod. proc. pen, evidenzia la facoltà, per la parte civile, di impugnare oltre ai capi della sentenza di condanna riguardanti l’azione civile, anche la sentenza di assoluzione, sebbene ai soli effetti della responsabilità civile ed anche in assenza di gravame da parte del pubblico ministero. L’articolo 576 c.p.p costituirebbe quindi una deroga all’articolo 538 c.p.p. nella parte in cui stabilisce che la decisione sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno presuppone necessariamente una pronuncia di condanna. In tal senso, tale primo orientamento, includendo tra le sentenze di proscioglimento anche quelle dichiarative dell’estinzione del reato di cui all’articolo 531 c.p.p. (sul tema, si vedano la Sentenza della Sezioni Unite n. 40049 del 2008), riconoscerebbe alla parte civile la facoltà di impugnare la sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato. Contrariamente, si escluderebbe “la legittima aspettativa della parte civile di pretendere che il giudizio penale non si arresti alla constata prescrizione, ma prosegua al fine di valutare se sia stata erroneamente o meno dichiarata”.
Diversamente, il secondo orientamento escluderebbe la facoltà della parte civile di impugnazione delle sentenze dichiarative di estinzione del reato per prescrizione basandosi: a) sulla “primazia” dell’articolo 538 c.p.p. (il quale impedisce al giudice di deliberare sulla domanda civile al di fuori dei casi di condanna) rispetto all’articolo 576 c.p.p. (il quale consente alla parte civile di impugnare le sentenze di proscioglimento) e b) sulla mancanza di alcun effetto pregiudizievole derivante alla parte civile dalla sentenza di prescrizione.
Dopo aver illustrato i diversi orientamenti, le Sezioni Unite hanno condiviso l’orientamento più favorevole alla parte offesa – il primo – il quale afferma l’ammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di estinzione del reato per prescrizione ove, con la stessa, si contesti la fondatezza di tale conclusione.
Le Sezioni Unite hanno affermato quindi che “la parte civile non solo sia legittimata ad appellare la sentenza di proscioglimento per estinzione del reato a seguito di intervenuta prescrizione, derivando una tale legittimazione direttamente dalla previsione dell’art. 576, ma sia anche portatrice di un concreto interesse a detta impugnazione, attesa la finalità, perseguita attraverso la doglianza mossa in ordine ad un’erronea affermazione di intervenuta prescrizione, ad ottenere il ribaltamento della prima pronuncia e l’affermazione, sia pure solo “virtuale” perché valorizzabile ai soli fini delle statuizioni civili, di responsabilità penale dell’imputato”. In conclusione, con la sentenza n. 28911 del 2019, le Sezioni Unite hanno annullato la sentenza impugnata, rinviando al giudice civile competente – Corte d’Appello di Roma – la decisione agli effetti civili.