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1 Luglio 2019
approfondimenti giurisprudenziali

Se il difensore d’ufficio non acconsente all’elezione di domicilio …

Se il difensore d’ufficio non acconsente all’elezione di domicilio …
1 Luglio 2019
approfondimenti giurisprudenziali

L’articolo 162 c.p.p. comma 4-bis – introdotto con la cosiddetta Riforma Orlando (Legge n. 103/2017) – prevede che “l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario”. Tale nuova previsione – l’assenso espresso e accertato da parte del designato difensore d’ufficio – è stata fortemente voluta dall’Unione delle Camere Penali Italiane al fine di realizzare una cosiddetta difesa d’ufficio effettiva, volendo evitare la prassi, ormai diffusa, della “falsa reperibilità” dell’imputato.

Sempre l’Unione della Camere Penali Italiane – e più precisamente l’Osservatorio Difesa D’Ufficio “Paola Rebecchi”, subito dopo l’entrata in vigore dell’art. 162 c.p.p. comma 4-bis, con nota del 31 Luglio 2017, si era espressa affermando che il comma 4 bis dell’articolo 162 c.p.p. avrebbe trovato effettiva applicazione soltanto nel caso in cui, in caso di mancato assenso da parte del difensore domiciliatario, si fossero applicati gli articoli riguardanti la prima notificazione all’imputato non detenuto (art. 157 c.p.p.) e le notificazioni all’imputato in caso d’irreperibilità (art. 159 c.p.p.) e non il comma 4 dell’articolo 161 c.p.p. il quale dispone che “se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore”.

Su tale questione si è espressa recentemente la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 27935 del 25 giugno 2019. Questa la vicenda. Il 18 gennaio 2019 il Tribunale di Genova dichiarava la nullità del decreto di citazione a giudizio dell’imputato B.C.A. – detenuto per altra causa – per mancanza di validità dell’avviso ex articolo 415 bis c.p.p. (avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari) e disponeva la restituzione degli atti all’Ufficio del Pubblico Ministero. Nel caso di specie, il Tribunale rilevava che, pur avendo l’imputato eletto il domicilio presso il difensore d’ufficio nominato dalla Polizia Giudiziaria, tale difensore non aveva accettato la domiciliazione ex articolo 162 c.p.p., comma 4-bis. L’imputato non aveva proceduto a diversa elezione e il Giudice aveva ritenuto che non ricorressero le condizioni per procedere ex articolo 161 c.p.p., comma 4.

Il PM aveva proposto ricorso per Cassazione deducendo l’abnormità del provvedimento del Giudice e osservando che “il fatto che l’imputato, reiteratamente richiesto di indicare il luogo ove effettuare le notifiche ed informato della pendenza del procedimento e del nome e dell’indirizzo del difensore nominatogli, non vi abbia provveduto determina una situazione di inidoneità dell’elezione di domicilio con la conseguenza che, senza alcun pregiudizio per l’imputato, si deve provvedere alle notificazioni ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., comma 4”.

La Suprema Corte ha annullato il provvedimento impugnato disponendo la restituzione degli atti al Tribunale di Genova affermando che, sulla premessa che è facoltà dell’imputato quella di dichiarare o eleggere domicilio, “è però anche onere dell’individuo che ha provveduto all’elezione di domicilio, quello di conservare, entro il limite della condotta diligente, i rapporti con il domicilio eletto, onde mantenersi nella condizione di essere e tempestivamente informato in ordine all’esistenza di notificazioni concernenti il procedimento in questione”. Tale onere deve ritenersi ricorrere anche nell’ipotesi in cui l’elezione sia stata effettuata presso il difensore d’ufficio dell’indagato dovendosi ritenere che, proprio attraverso l’indicazione del difensore d’ufficio quale domiciliatario si sia instaurato un rapporto che, sebbene non possa dirsi equiparato al mandato professionale fiduciario, costituisce un indice dell’esistenza di un legame di sia pur contenuto affidamento fra l’indagato ed il professionista».

Secondo gli Ermellini “il rifiuto della persona indicata quale domiciliataria (nel caso di specie il difensore d’ufficio) di ricevere l’atto rende l’elezione inidonea a perseguire lo scopo cui essa era finalizzata e legittima, pertanto, il ricorso alla procedura notificatoria mediante consegna dell’atto al difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, a norma dell’articolo 161, comma 4, cod. proc. pen.”, e questo anche a fronte dell’introduzione del comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen. in quanto diversamente argomentando in presenza di un difensore indicato come domiciliatario che non presti l’assenso alla ricezione delle notifiche per conto dell’imputato ed in assenza di una manifestazione di volontà dell’imputato di eleggere o dichiarare domicilio altrove, qualora non si ritenesse possibile accedere alla procedura di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., il procedimento entrerebbe in una situazione di stallo”.

cass-pen-2019-27935

 

 

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